Stefano Bonagura
Ho ascoltato “Un mondo in cui credere”.
Come tutte le opere dietro le quali c’è un’idea, un pensiero profondo, sono stato costretto (piacevolmente) ad ascoltare e pensare, fatto poco comune di questi tempi.
Avendo avuto, tanti anni fa, il piacere di conoscere Giancarlo Lucariello, la sua storia, le modalità del suo lavoro, cosa che ha accresciuto la mia esperienza professionale, ho riconosciuto in quest’opera, inequivocabilmente, il suo tratto stilistico. Fatto di attenzione, precisione, artigianalità e… suono, che tanto ha donato a brani musicali che sono nella storia della canzone italiana.
Inutile stare a descrivere il valore della melodia di queste romanze senza tempo, dei testi molto legati ad esperienze personali, di vita, oppure la voce che le interpreta: ognuno può farsi l’idea che vuole, semplicemente ascoltando.
Semplicemente… Per ascoltare ci vuole concentrazione, non può essere un sottofondo, legato alla casualità e alla disattenzione. Bisogna impegnarsi e se ci s’impegna se ne esce il più delle volte felici e rinfrancati, perché la musica, l’armonia, la bellezza questo producono. E’ un messaggio che mi sento di suggerire alle generazioni più giovani: ascoltate bene, con ottimi sistemi di riproduzione (che non costano più tanto), andate in profondità e allenate, educate l’orecchio al bello. La musica di conseguenza migliorerà, perché la differenza, la selezione alla fine la fa sempre il pubblico, gli ascoltatori.
Si può sindacare sui suoni, sul missaggio: mi sento di farlo, per il mio gusto personale.
Pur riconoscendo il “muro del suono” che è tipico di Giancarlo, che colloca l’orchestra (intera, tutte le sezioni) in un ambiente che non consente di distinguere bene le varie sezioni di un’orchestra sinfonica o addirittura i singoli strumenti, capisco e apprezzo lo stile che caratterizza la produzione, la posizione della voce nel mix, ma personalmente preferisco poter ascoltare con più evidenza le varie sezioni orchestrali. E’ una questione puramente di gusto, un’esigenza, che deriva dall’abitudine ad ascoltare musica dal vivo (di tutti i generi) e anche nei dischi, in vari ambienti acustici, o con diversi sistemi di ripresa e di riproduzione che comunque garantiscono il dettaglio.
Detto ciò, mi sono chiesto: a chi è rivolto questo progetto? Spero a tutti, non solo su disco, in streaming. E’ predestinato a uno spettacolo teatrale, l’ambito più adatto. Ad un racconto, con musica. Mi auguro di vederlo e sentirlo presto questo spettacolo, per gli 80 anni di Giancarlo.
Con stima per tutti quelli che hanno collaborato al progetto, per Luca Notari e Maurizio Fabrizio (tra i nostri più grandi compositori moderni, con il senso della storia e della tradizione) in primis.