Amico Maestro,
mi ha fatto sorridere e mi trova d’accordo quanto meravigliosamente espresso da Guido Morra, che attribuendo a quest’opera la fisionomia di un’impresa coraggiosa, temeraria, rivoluzionaria e addirittura “terrorista”, di fatto attribuisce alla tua stessa figura le medesime connotazioni (in uno scenario musicale contemporaneo, di tutte loro così fedelmente privo).
A darti del “terrorista” non ci avevo mai pensato, ma devo ammettere invece che questo virgolettato ti si addica in modo particolare. Tutte le volte che metto piede nella tua stanza a spicchio, quella con la parete curva come una lente di ingrandimento su Roma, io avverto il tuo moto carbonaro, elitario e al tempo stesso popolare, ribelle e classico, ortodosso e farneticante, provocatorio per indole, ma composto per educazione.
Avere il terrore di poggiare il cappotto nel posto sbagliato rischiando di rompere l’equilibrio simmetrico del tuo ordine, è solo uno degli spaventi da incontrare prima di trovare pace nell’ansa accogliente e immaginaria del tuo amato golfo mistico domestico (nel quale sei sempre pronto a dirigerci).
Io sono parte dei tuoi invitati e sono anche autore di una parte di queste romanze senza tempo, quindi non posso che essere orgogliosamente parte riconoscibile del tuo talento visionario e di quest’opera educatamente ribelle, alla quale auguro il meglio.
Sperando in una occasione prossima che ci veda tutti riuniti e festanti, auguro le cose migliori anche a te e a chi ci legge, accomunando tutti nel medesimo abbraccio.
PINO MARINO