MAURIZIO SERIO Professore di Storia del pensiero politico – Università Guglielmo Marconi di Roma e Pontificia Università Gregoriana

L’intersezione del tempo e del senza tempo

Come tutti i doni di Dio, la musica ha un’origine celeste, al di là del tempo e dello spazio, ma anche un’incarnazione nel qui e ora delle nostre esistenze quotidiane. Sta a noi dunque (ri)scoprire l’origine divina che si nasconde nel suono e nelle parole con cui essa si imprime nell’anima passando attraverso i nostri sensi. L’esperienza sensibile ci aiuta così codificare il significato della musica, a tracciarne il percorso dentro i nostri vissuti, nei quali prende forma di ricordi, emozioni, passioni e riflessioni che contribuiscono a renderci più umani, proprio perché più divini.

Certamente, l’ascolto delle “romanze senza tempo” ideate e realizzate da Giancarlo Lucariello costituisce una potente epifania di questa esperienza, in cui la percezione si amplifica ben oltre la sfera dell’individuo, abbracciandone il vissuto relazionale in tutta quella gamma cromatica che va dal blu della fedeltà (e della delusione) al rosso dell’amore (e del dolore), passando per il verde della speranza (e della privazione) – e culmina nel bianco della visione beatifica, in cui ogni cosa è distinta ma al tempo stesso unita al centro della vita. Quanto tutto ciò sia lontano dalle mefitiche e disorientanti esperienze della psichedelia postmoderna è evidente sia dal progetto culturale sotteso all’impresa sia dai suoi frutti, che inebriano senza stordire e nutrono senza appesantire.

Questa musica può ricreare e allo stesso tempo raccontarci “un mondo in cui credere” perché lo insuffla di aria pulita e tersa – il “vento nell’anima”, appunto, della grande tradizione lirica e del “bel canto” italiano. Un formidabile antidoto dello spirito contro quel revanscismo nazionalpopolare che affligge oggi il discorso civile delle arti e ci rende due volte orfani del nostro passato: prima perché lo caricaturizza in appropriazioni bolse e tronfie e poi perché lo anestetizza in prodotti da esportazione, che del sapore e del sapere antico non hanno più nulla.

E tuttavia quella di Giancarlo e dei suoi magnifici sodali non è una battaglia di retroguardia né l’ennesima medaglia su percorsi professionali già ricchi di meritati riconoscimenti. È piuttosto il sussurro di un sogno cui ci aggrappiamo grati mentre svanisce e ci rammenta che siamo ancora capaci di parlare a tu per tu con le stelle, in un linguaggio desueto e misterioso solo per chi non sa più ascoltare la Voce che ci ha tratti dal nulla, salvandoci per sempre.