Recensione del 12 nov. 2021 a cura di Franco Zanetti
voto 7,5/10
Il nome di Giancarlo Lucariello è indissolubilmente legato alla storia dei Pooh, e più nello specifico a quella fase della loro storia – quella compresa fra il 1970 e il 1975 – che fu pilotata dalla produzione artistica (anche se la definizione tecnica è riduttiva) e dalla visione di Lucariello, che ha plasmato il gruppo attraverso una parabola espressiva avviata con “Opera prima”, proseguita con “Alessandra”, “Parsifal”; “Un po’ del nostro tempo migliore” e conclusa con “Forse ancora poesia”.
Nel post-Lucariello i Pooh continueranno la loro traiettoria con costante successo; ma è fuor di dubbio che la prima metà degli anni Settanta è il periodo in cui sono state gettate le basi per una carriera che complessivamente è durata cinquant’anni, facendo dei Pooh il gruppo più significativo nella storia della musica leggera italiana.
Lucariello rievoca e ripercorre in queste pagine con evidente emozione un lustro indimenticabile, sia per lui sia per i Pooh (e per i loro fan della prima ora, categoria alla quale mi pregio di appartenere); lo fa senza false modestie, prendendosi tutti i meriti che gli spettano di diritto, ma sottolineando puntualmente anche quelli dei componenti della band e quelli del “membro aggiunto” Gianfranco Monaldi, colui che ha curato le orchestrazioni delle registrazioni di quel pugno di canzoni.
Uno scritto di Andrea Pedrinelli, massimo storico ed esegeta del Pooh, chiude la prima parte del libro, che si conclude con due saggi firmati da Marco Betta e Marcello Aitiani: densi e intensi, ma, a dirla tutta, avrei preferito che Lucariello avesse continuato il racconto parlando del “suo” dopo-Pooh, che lo ha visto produrre gente come Alice, Viola Valentino, Gianni Togni, Miguel Bosé, Tosca… le sue “storie di tutti i giorni” sarebbero un documento significativo nel racconto della musica leggera italiana. C’è ancora tempo per decidersi a farlo…