Ho incontrato Giancarlo Lucariello per la prima volta pochi giorni fa a Siena, nella stupenda cornice del Santa Maria della Scala, in occasione della presentazione del saggio di Marcello Aitiani – che è parte del suo libro. Avevo il gradito compito di «tessere» il dialogo fra Giancarlo, Marcello, Fabio Pianigiani e Cesare Bindi. Questa esperienza mi ha confermato ciò che leggendo il libro di Lucariello avevo trovato.
La lettura del suo libro mi ha catturata emotivamente, perché nella sua narrazione rivela un percorso di vita e di lavoro come produttore artistico dei Pooh, in quei primi anni della carriera del gruppo, pieno di fascino, fatto di amore per ciò che faceva, qualcosa di sentito profondamente, in cui la forza dell’immaginazione e del sogno si univa alla dedizione e all’impegno necessari per la loro realizzazione. Nel suo racconto ho trovato anche l’attitudine a lasciarsi incantare – direbbe Marcello – per ciò che si apre davanti agli occhi sognanti, che implica la capacità di rimanere in contatto con se stessi, anche con le proprie inquietudini, senza lasciarsi incantare dalle luci della ribalta e del successo e dalle tendenze dominanti. Ho colto anche la sua capacità di costruire un’identità di un gruppo musicale, che è durato nel tempo, attraverso il riconoscimento e la valorizzazione della diversità di ognuno dei suoi componenti.
Si tratta di contenuti che hanno uno spessore psicologico importante per ognuno di noi e per questo rappresentano per me principi essenziali, i leitmotiv da trasmettere soprattutto ai giovani perché illuminino la loro strada verso un’espressione autentica di sé. La sua narrativa acquisisce così contorni più ampi del racconto di un’esperienza di vita, grazie a questi contenuti, ma anche grazie alla stessa modalità, raccolta ed intima, con cui è riuscito ad esprimerli, che tocca il cuore, fa vibrare dentro ognuno di noi le corde della propria vita. Poi gli scritti firmati da Marco Betta e Marcello Aitiani, da lui voluti nel suo libro, aprono la nostra mente verso una elaborazione di quei contenuti che rompe gli argini dell’intimità per accedere a considerazioni culturali più ampie.
Credo che per tutto ciò quel giorno a Siena, al Santa Maria della Scala, ho sentito sintonia ed è stato subito incontro di personalità diverse, di professioni diverse, di percorsi di vita diversi, che ha permesso un dialogo a più voci su temi, aspetti della vita su cui ho potuto ritrovare ciò che nella mia professione di psicologa ho cercato e cerco anche oggi di favorire: l’espressione autentica del sé senza perdere mai la voglia e l’attitudine di sognare.