Giancarlo Lucariello, Opera Prima
Devo innanzi tutto fare un passo indietro. Forse più di uno, visto che vi racconterò un po' della mia storia professionale. Qualche giorno fa, in occasione del mio compleanno, mio figlio mi ha detto: "Papà, sei diventato anziano....". Io ho ribattuto che sono diventato vecchio e gli ho spiegato la differenza che c'è tra vecchio e anziano. Io sono sicuramente vecchio di esperienze, ma non abbastanza per essermele dimenticate. E sento di potervele raccontare. Frequentavo il liceo artistico, ma con una grande passione per la musica trasmessami da mia zia diplomata in pianoforte. Fin da piccolo stavo sempre vicino a lei che suonava, mentre mio padre che aveva una grande passione per l'opera lirica spesso mi addormentava cantando sottovoce arie di Puccini. Nella mia memoria c'è sempre stato il ricordo di queste grandi melodie e delle emozioni che mi suscitavano. Alla fine del liceo artistico ebbi un incidente automobilistico che mi impedì di proseguire la carriera desiderata — avrei voluto fare l'architetto — continuai la convalescenza a Napoli e lì decisi che la mia vita sarebbe stata la musica. Ma come fare? Ero un grande appassionato, compravo dischi e mi soffermavo a leggere dietro la copertina i relativi crediti e uno di questi mi colpì particolarmente: "Producer Phil Spector", un grandissimo produttore degli anni Sessanta-Settanta, quello che produceva Ike e Tina Tumer, tanto per intenderci. Mi innamorai di quel suono ed ebbi un'intuizione. Tornato a Roma, avevo sentito in un locale dell'Eur che si chiamava "Vun Vun", un gruppo musicale chiamato i Pooh. Eravamo alla fine degli anni Sessanta. Vidi questo gruppo, bravissimi, ma capii che sarebbero potuti diventare quelli che poi sono diventati. Ripetevo a me stesso che un giorno mi sarebbe piaciuto "produrli". A quei tempi avevo un amico che faceva il rappresentante di dischi. Così pensai che bisognava iniziare questa professione dal suo processo finale: per vari mesi, sono andato a vendere i dischi con la mia macchinetta in Umbria. Ho fatto un po' di sacrifici, mio padre voleva che facessi l'Università. Una sera, nello stesso locale in cui avevo ascoltato i Pooh, c'era un artista che i giovani non possono ricordare, Sergio Leonardi, un po' più grande di me, che aveva cantato la canzone "Non ti scordar di me", un grande successo. Mi chiese se volevo lavorare con lui come assistente, accettai immediatamente. Anche quello era un passo per avvicinarmi al mio sogno. Così, smisi di vendere i dischi e cominciai a lavorare per Sergio. Guidavo la sua macchina, gli portavo le valigie, più tardi sarebbe diventato un lavoro richiestissimo chiamato "road manager". Girando l'Italia, approdammo anche a Milano, dove c'era la sua casa discografica la CGD (Compagnia Generale del Disco), allora diretta da Franco Crepax, fratello del più conosciuto Guido Crepax il creatore di Valentina. La CGD mi chiese di trasferirmi a Milano e iniziare a lavorare per loro. Era giunto il momento di lasciare Roma, e realizzare il sogno di produrre i Pooh. Entrai e mi fecero fare il "label manager" per l'etichetta United Artíst. Il "label manager" era colui che doveva ascoltare i dischi provenienti dall'America e decidere quale pubblicare in Italia. Ebbi la felice intuizione di scegliere una canzone di Armstrong, la pubblicarono su 45 giri, e arrivò prima in classifica. Forte di questo prepotente primo risultato - accettai di diventare il direttore artistico della United Artist - e parallelamente chiesi all'industria di iniziare a fare il produttore. Dissi loro che volevo occuparmi di un gruppo sentito anni prima, i Pooh, appunto. Ebbene, loro mi diedero carta bianca! C'è una specie di magia in tutto questo. Pensate che non avevo nemmeno il numero di telefono dei Pooh, ma la segretaria della casa discografica dove lavoravo, aveva fatto per un periodo la loro segretaria così mi diede il numero della mamma di Roby Facchinetti. Chiamai e loro erano proprio lì in quel momento, a casa della mamma di Roby. Vennero poi a Milano per incontrarmi e parlare con me, Roby Facchinetti e Riccardo Fogli. Io, da totale incosciente, promisi loro che se mi avessero seguito, sarebbero diventati il più grande gruppo pop-rock italiano. Loro si fidarono totalmente, e pensate che per spiegare al fonico in sala d'incisione cosa volevo fare, disegnavo. Mi piacevano gli echi, avevo voglia di un suono largo, sempre rifacendomi al suono di Phil Spector. Incidemmo "Tanta voglia di lei", il primo disco, e vendemmo un milione e mezzo di copie. Questa storia è esemplare, sembra la parabola del mestiere di produttore musicale. Dovete sapere che per questa canzone provammo più testi ma nessuno mi convinceva. La musica era pronta, era bellissima, ma solo quando il testo fu il testo che io ritenni giusto, il disco uscì sul mercato. Ma che significa esattamente fare il produttore? Il produttore come lo intendevo io, con un determinato stile, era una sorta di regista cinematografico. Insomma, con la mia "regia" la canzone, una volta pubblicata, arrivò prima in classifica e da lì iniziò la mia carriera! La carriera che avevo voluto. Nel 1973-'74 tra l'altro fummo anche i primi ad allestire una tournée, bellissima, con un'orchestra sinfonica, in tutti i teatri italiani. Nel 1977 le nostre strade si separarono: loro erano cresciuti, io ero un bel dittatore e loro mi chiesero di contare di più nelle decisioni. Ma poiché quella richiesta la vissi stupidamente come un atto di lesa maestà, abbandonai i Pooh. Oggi abbiamo ottimi rapporti, e ancora oggi loro sono primi in classifica. La mia carriera non si è però fermata lì. Con quella voglia di scoprire talenti che avevo, avevo notato anni prima, un'artista che si chiamava Carla Bissi. Ho lavorato per lei, è con me è diventata Alice. Nella mia vita artistica ho avuto la fortuna di lavorare con grandi talenti. Nei Pooh viveva e vive un'anima artistica fortissima, di una creatività straordinaria. Roby Facchinetti è uno dei più grandi compositori italiani e Alice aveva una voce meravigliosa. In seguito ho prodotto Miguel Bosè nel periodo in cui piaceva tanto alle ragazzine. Producevo Caterina Caselli, con me nasceva Luna per Gianni Togni. Questa carriera è andata avanti fino a metà degli anni Novanta. Nel 1996 ero a Sanremo con Giorgia e Albano con due canzoni, "Strano il mio destino" per Giorgia, "È la mia vita", per Albano, che si piazzarono rispettivamente al terzo e sesto posto. Ricordo la collaborazione con il mio amico Maurizio Fabrizio, che è un meraviglioso composítore,"I migliori anni della nostra vita", "Almeno tu nell'universo", sono soltanto due dei tanti successi di Maurizio. La scoperta di Maurizio Fabrizio e di Roby Facchinetti: sono loro i grandi incontri quelli che hanno completato il mio cammino artistico. In quell'anno 1996 mi accorsi di essere stanco, avevo passato troppi anni della mia vita, chiuso in uno studio di registrazione senza vedere mai la luce, ero intossicato dal successo, ero logorato. Se un disco non arrivava in vetta alla classifica c'era il panico generale, e l'industria, che sapeva che quel che toccavo diventava oro, mi chiedeva sempre di più e in continuazione. Stop, crisi, depressione. Dal 1997 al 2000 non ho ascoltato musica... Solo Radio Radicale. Una totale assenza di musica, per ben tre anni. Mi sono dovuto disintossicare totalmente. Però non era finita, anche perché a me piace reinventarmi, sempre. Forte di una passione per l'opera lirica, l'eredità spirituale di mio padre, ho creato una nuova attività: "ClassicaOggi", legata alla musica classica e in particolare alla lirica. Ho creato una struttura per formare cantanti lirici, ho fatto regie di spettacoli, e qui si è aperta un'ulteriore strada. Ho realizzato un concerto di musica e teatro dedicato a John Lennon, durante questo allestimento, mi è venuta l'idea di scrivere un'opera di prosa su Lennon che è stata interpretata da Giampiero Ingrassia e Giuseppe Cederna. Di questa opera di prosa sono stato regista, produttore, autore, editore. Rivisitando la musica classica e il teatro di prosa è tornata anche la voglia di ricominciare con la mia vecchia professione, e nel 2005 con la canzone "Che mistero è l'amore" abbiamo partecipato e vinto al festival di Sanremo con Nicky Nicolai e Stefano Di Battista jazz quartet. Oggi sono uno dei componenti del Consiglio di amministrazione della Siae, la Società degli Autori e degli Editori. In modo abbastanza "rivoluzionario", perché sto cercando di proteggerla e di cambiarla. So bene che si tratta di un Ente percepito dalla maggioranza dei ragazzi come una sorta di gabella e impedimento alla "libera" fruizione del prodotto dell'ingegno, ma invece colgo questa occasione per ricordarvi che la Siae svolge una funzione importantissima, perché oltre a proteggere e garantire la sopravvivenza degli autori italiani, altrimenti destinati all'estinzione, svolge un ruolo di promozione della cultura, in un Paese che da questo punto di vista ha gravi carenze e difficoltà. Io mi fermo qui e magari vi racconterò qualcos'altro rispondendo alle vostre domande.
Question Time
Simona S., da Modena: È molto bella tutta la sua avventura. Ultimamente i costi finali di un album sono molto sostenuti e questo ha facilitato il processo di file sharing via internet. Quali sono i fattori che incidono sul costo molto alto di un cd?
G.L.: Il cd sta esalando l'ultimo respiro. Così come avvenuto per il disco a 45 giri, il vinile a 33 giri, l'audiocassetta... Tutti scaricheremo musica via internet, pagandola mi auguro, come è giusto fare, altrimenti gli autori non avranno un futuro. Il costo maggiore è rappresentato dalla realizzazione del cd, il maggior costo è proprio la produzione stessa, è l'aspetto industriale che costa molto. Comunque io credo che in generale il cd sia sempre costato troppo.
Fabrizio C., da Enna: Dall'alto della sua esperienza come giustifica che gli artisti italiani, tranne rari casi, non riescano a sfondare in campo internazionale? Ad esempio lei ha prodotto Miguel Bosè, uno dei casi in cui si è riusciti a conquistare un mercato più ampio: come si potrebbe intervenire affinché la musica italiana trovi ascolto e possibilità di vendita all'estero?
G.L.: La prima discriminante è la lingua. Voi sapete che il più grande compositore della musica pop italiana Lucio Battisti non ha avuto successo all'estero. Noi siamo molto forti quando siamo noi stessi: quando Bocelli canta le arie d'opera, quando Laura Pausini ed Eros Ramazzotti, cantanti popolari, intonano melodie italiane. Diventiamo debolissimi quando facciamo rock, hip hop, generi musicali in cui gli altri sono maestri. Pensiamo a Vasco Rossi, domina classifiche e mercato interno come nessuno, davvero non conosce crisi, e in ogni modo, lui, oltre Lugano non va. La lingua, la produzione, il gusto, le radici, sono le cose che contano. L'altra sera c'è stato uno speciale televisivo dedicato a Modugno e la sua "Nel blu dipinto di blu" la canzone che negli ultimi cinquant'anni ha incassato e incassa più diritti, una canzone che è riuscita a "Volare", superando il problema della nostra lingua. Gli artisti, se scimmiottano gli anglo-americani, perdono. Io penso che alla base di tutto non conti l'immagine ma la canzone, quei tre minuti che toccano l'anima.
Donato M., da Piva: Lei ha lanciato molti giovani a Sanremo, e sentiamo parlare spesso di polemiche nelle giurie. Ci spiega esattamente come funzionano i criteri di selezione, in altre parole in che modo una canzone è scelta rispetto a un'altra? È vero che il peso delle case discografiche influisce a tal punto da andare spesso a svantaggio di una reale meritocrazia nella competizione?
G.L.: C'è molto di vero in quello che hai detto. Io ho partecipato molte volte a Sanremo, ho vinto tre volte quindi posso parlarne solo bene. Quest'anno potrei invece parlarne male perché forse la più bella canzone che ho scritto, Baudo non l'ha selezionata. Ma posso solo parlarne bene. La grande industria ha un peso perché "può fare il festival", portare sul palco ospiti internazionali: se una grande etichetta riesce a portare Madonna è chiaro che nella trattativa ha un peso fortissimo. Baudo, avrà l'età giusta? È vecchio anche lui, come diceva di me mio figlio all'inizio del nostro incontro? Non lo so. Comunque fa questo lavoro con grande passione e professionalità. Per Sanremo ci si prepara molto prima, poi si va dal direttore artistico a sottoporgli il pezzo, dopodiché la giuria riceve il materiale di tutti, giudica e sceglie.
Franco D. da Roma: A proposito della Siae, molti si chiedono quali siano il senso e lo scopo di questo Ente.
G.L.: La Siae raccoglie i soldi e li ridistribuisce agli aventi diritto, gli autori e gli editori. La Siae mantiene una percentuale per sé, una provvigione, per le spese della struttura, per gli agenti che si occupano del territorio, gli agenti cosiddetti mandatari, le sedi regionali, ecc. Ricordatevi che se non si pagasse la Siae, ma sarebbe meglio dire: i giusti diritti degli autori, gli stessi non scriverebbero più canzoni. Insomma questo mestiere non sarebbe più una professione. Ma un semplice hobby, a cui dedicarsi tra le mura di casa propria, per mamma, papà e qualche amico. L'attuale Consiglio d'amministrazione sta lavorando affinché la Síae diventi un ente che adotti metodi sempre più trasparenti, chiari. Che aiuti e promuova la cultura e spieghi ai giovani qual è la propria missione. Senza la Siae e il diritto d'autore gli autori non sopravvivono, muore anche il loro lavoro. Le opere dell'ingegno "sono la più sacra e la più personale di tutte le proprietà," il diritto d'autore risale alla Rivoluzione francese, che sancì il principio che ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi materiali e morali derivanti dalla propria produzione scientifica, letteraria e artistica. Le società che, dagli inizi del Novecento, fanno rispettare e garantiscono tale principio, sono appunto le società d'autore, che si muovono e operano, con grandi difficoltà, contro il potere economico e politico della tecnologia, delle Reti di comunicazione radio e video, e della telefonia, che tutto vogliono e tutto possono.
Sabrina M., da Ostuni: Quale consiglio può dare ai giovani che vogliono intraprendere la carriera di produttore musicale.
G.L.: Voglio essere corretto. Io ho avuto la fortuna di essere il primo produttore in Italia, non il più bravo ma certo sono stato il primo a scriverlo sui dischi. Però davanti a noi avevamo tutto. Quando si è convinti di qualcosa, se dentro c'è del talento e della creatività, si arriva. Il consiglio è amare quello che si fa, crederci, bussare alle porte, fare la gavetta, che è indispensabile. Vi ho raccontato l'entusiasmo e la convinzione in ciò che facevo, quindi non perdete mai la fiducia di riuscire. Oggi chi fa musica deve viaggiare in un mondo "in salita". Noi incontravamo solo strade in discesa, almeno da questo punto di vista la mia è stata una generazione molto fortunata.
Roberto Giachetti: Anche Telese e Delzìo dicevano un po' questa stessa cosa, e vale a dire chi ci crede può farcela. Io credo, Giancarlo, che questa è una condizione necessaria ma in ogni modo non sufficiente, perché poi la decisione non è legata esclusivamente alla tua volontà. Entra in ballo la possibilità, lo sbocco che si può avere una volta che si è studiato e che ci si è impegnati. In questo Paese l'unica vetrina che può dare questa possibilità di essere promossi sembra essere quella di Sanremo. Dato per acquisito che ci sono la passione, il sacrificio, l'entusiasmo, la volontà, cosa bisogna inventarsi perché alla fine possa esserci un'opportunità reale e non lo scontro con il consueto muro?
G.L.: Se tu vuoi fare musica, indipendentemente da Sanremo, devi comunque passare necessariamente per l'industria del mercato discografico. I grandi numeri della musica pop, il successo, passano solo attraverso quella strada. Anche dietro ad artisti che non anno mai partecipato al festival, c'era l'industria che investiva. È difficile dirvi di essere ottimisti quando davanti a voi, invece di un'autostrada, avete solo angusti vicoli, ma ragazzi, non smettete mai di credere nel vostro talento.
Angelo C., da Isernia: quanto conta il talento e che tipo di formazione anche accademica consiglierebbe a chi volesse seguire le sue orme?
G.L.: Alla base di tutto c'è proprio il talento. Nella musica puoi fare un disco di successo, fare un colpo, ma poi questo non ti garantisce il successo duraturo. A me è capitato di fare un'operazione puramente commerciale, come quella con Viola Valentino con la canzone "Comprami". Ero il produttore di Alice e lei mi aveva "abbandonato". Ricordo che stavo pranzando a casa di Riccardo Fogli, di cui ero produttore, ed ero arrabbiatissimo. In quel periodo, eravamo alla fine degli anni gli anni Settanta, Viola Valentino si chiamava Virginia Minnetti Fogli, le chiesi se sapesse cantare e lei mi rispose che canticchiava. Insomma fu tanta la mia determinazione, che andammo in sala d'incisione e mi inventai quella canzone... che arrivò prima in classifica. Il suo talento risiedeva nel fatto di essere la moglie di Riccardo Fogli e, insieme alla mia rabbia per la delusione con Alice, questo ha determinato quel successo commerciale, grande anche se un po' effimero. Per quanto riguarda la formazione io non ne avevo una accademica, tradizionale. Avevo solo la passione per la musica e la volontà di arrivare, forse la predisposizione a essere un talent-scout, capire se una cosa funzionava o no. Con una buona canzone e un artista giusto, bisogna andare a farsi sentire da un produttore o da un editore.
Patrizia P, da Pisa: Come ha fatto a isolarsi e a riuscirci così bene in quel periodo così lungo negli anni della depressione?
G.L.: Nel 1996 andai a Sanremo con Alb ano e la canzone "È la mia vita", nel cui testo ci sono due o tre frasi che mi toccano profondamente.. .e con Giorgia, con "Strano il mio destino". Dopo una carriera costruita con ventisei anni di successi avrei dovuto essere strafelice per come si piazzarono entrambe. E invece mi accorsi di essere stanco, guardavo i produttori più giovani di me, e osservavo quelli della mia età pensando a quanto erano ormai superati, anche l'industria ormai andava in cerca di altro. Quindi da un lato mi sentivo rifiutato pur avendo raggiunto quei risultati, e dall'altro mi pesavano tutti quegli anni dedicati al lavoro a scapito della vita privata. Il successo mi aveva tritato, anni terribili in cui si sacrifica la vita privata, perché se ti rilassi qualcuno ti passa avanti: ventisei anni così! Solo in uno studio di registrazione, dove un nastro va avanti e indietro per ore sempre con la stessa canzone.
Enrica B., da Roma: Prima si parlava del fenomeno del clown-loading illegale, ma esistono anche esperimenti come quello dei Radiohead che hanno messo a disposizione di intemet il loro ultimo cd dando la possibilità ai fan di fare loro il prezzo. Pensa che questa sia una strada percorribile? Inoltre che opinione ha su un programma come Amici che oggi rappresenta l'unica altra vetrina in Italia rispetto al festival di Sanremo?
G.L.: Solo delle star possono fare l'esperimento dei Radiohead. Quella che è percorribile è la strada di iTunes e dell'acquisto di musica in un circuito che non passa più dalle case discografiche perché quei soldi vanno direttamente agli aventi diritto. Il nostro negozio sarà il nostro computer. Amici lo vedo poco, anche se collabora al programma un mio carissimo amico, il musicista Peppe Vessicchio, non credo di poter dare un giudizio artistico. A quanto mi dicono sembra che ci sia anche un riscontro discografico, ma non mi permetto di dare altri tipi di giudizi.
23 febbraio 2008